Sofronio Eusebio Girolamo nacque intorno al 347 a Stridone, in Dalmazia (l’attuale Croazia), da una ricca famiglia cristiana. Ricevette il battesimo, alla sua domanda, all’età di 25 anni. In seguito, si recò a Roma, desideroso di dedicare la sua vita a Dio, dove studiò latino e teologia e fu allievo di Mario Vittorino e di Elio Donato (filosofi e grammatici molto conosciuti dell’epoca). Si dedicò successivamente agli studi di retorica, terminati i quali si trasferì a Treviri, dove era ben nota l’anacoresi, nata in Egitto nel III secolo.
Si trasferì poi ad Aquileia, dove decise di entrare a far parte di una cerchia di monaci asceti, riunitisi in comunità sotto la protezione dell'arcivescovo Valeriano, ma, deluso dalle dispute fra i confratelli, decise di partire per l'Oriente. Ritiratosi nel deserto della Calcide, in Siria, vi rimase per due anni (375-376), vivendo una dura vita da eremita.
Partì poi per Antiochia, dove si dedicò all'esegesi ed imparò il greco e l'ebraico. Fu ordinato sacerdote ed iniziò a tradurre i libri sacri. La sua vita di solitudine e di meditazione, sempre in contatto con le Sacre Scritture, fece crescere in lui una profonda fede cristiana.
Di passaggio a Costantinopoli, studiò l'esegesi di Origene e divenne allievo di San Gregorio Nazianzeno. Ritornato a Roma, nel 382, divenne segretario e consigliere di Papa Damaso I, che lo incaricò di stabilire un testo ufficiale in latino della Bibbia. Fu in quel periodo che si formò intorno a lui un gruppo di pie donne, che decisero di restare al suo servizio, nella castità, conducendo quasi una vita monastica, benché laiche. Fra queste donne, tutte vergini o vedove appartenenti alla casta patrizia romana, ricordiamo la ricca vedova Paola e le sue figlie. Girolamo venne ordinato sacerdote nel 385, all’età di 38 anni. Dopo la morte di Papa Damaso I, ritornò in Palestina, accompagnato da un gruppo di monaci e dalle pie donne, dove si stabilì definitivamente nel 386, fondando due monasteri (uno maschile ed uno femminile) ed un ospizio a Betlemme.
Durante gli ultimi trent'anni della sua vita, trascorsi in monastero, Girolamo tradusse la Bibbia in latino, direttamente dalla versione greca, e scrisse i suoi commenti sull'Antico e sul Nuovo Testamento. Inoltre, fu un ardente difensore della fede e del celibato monastico, contestando soprattutto l’eresia ariana, ed incoraggiando i suoi confratelli monaci nel cammino verso la perfezione, accogliendo i pellegrini, insegnando la cultura cristiana ai giovani. Nel 404 morì la sua discepola Paola, che sarà poi venerata come santa, ed alla quale egli dedicò l'Epitaphium Sanctae Paulae.
San Girolamo morì nella sua cella, presso la Grotta della Natività, il 30 settembre 419 o 420.
Fu proclamato Dottore della Chiesa da Papa Bonifacio VIII, nel 1298 ed è uno dei quattro Padri della Chiesa latina con Sant'Agostino di Ippona, Sant'Ambrogio di Milano e San Gregorio Nazianzeno.
Il 30 settembre si festeggia San Girolamo, patrono dei traduttori.
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L'opera principale di San Girolamo è la sua traduzione della Bibbia in latino. Grazie alla sua grande cultura letteraria ed alla conoscenza dell'ebraico, del greco e del latino, Girolamo riuscì a tradurre il Nuovo Testamento, i Salmi e gran parte dell'Antico Testamento.
Svolse questo lavoro con grande precisione. La sua traduzione prese il nome di Vulgata, nel XIII secolo, e venne dichiarata canonica dal Concilio di Trento (1545-1563).
Anche dopo una recente revisione, la sua Vulgata resta comunque il testo “ufficiale” latino della Chiesa Cattolica Romana.
San Girolamo scrisse anche commenti a numerosi testi biblici, desiderando offrire ai lettori una possibile spiegazione dei testi, da confrontare con altre opinioni.
Compose il De viris illustribus, nel 392, in cui presenta le biografie di più di cento autori cristiani e dimostra così l'importanza della letteratura cristiana. Scrisse anche numerose biografie di monaci.
L'Epistolario è un capolavoro della letteratura latina.
San Girolamo tradusse inoltre varie opere di autori greci.
Benedetto XVI ha presentato San Girolamo nel corso di due straordinarie catechesi, mettendo in luce la spiritualità di questo grande Padre della Chiesa.
La spiritualità di San Girolamo di Stridone è incentrata sulle Sacre Scritture, di cui è maestro indiscutibile. Egli ci invita ad amare la Parola di Dio nelle Sacre Scritture, dicendo: “Ignorare le Scritture è ignorare Cristo”. Attraverso la Parola, Dio parla a ciascuno di noi ed essa, inoltre, trascende il tempo, è Parola di Vita Eterna: “Cerchiamo di apprendere sulla terra le verità la cui consistenza persisterà anche nel cielo”.
Girolamo sperimentò questa gioia e questa familiarità con i testi biblici: “Non ti sembra di vivere – già qui, sulla terra – nel Regno dei cieli, quando vivi in mezzo a questi testi, quando li mediti, quando non sai e cerchi qualcos'altro?”
San Girolamo ha lasciato un prezioso insegnamento spirituale. Per avanzare nel cammino verso Dio, ricorda la necessità della vigilanza costante, delle mortificazioni, dell'evitare l'ozio e soprattutto dell'obbedienza a Dio.
Girolamo ebbe grande cura per la formazione delle anime, che chiamava “pietre preziose agli occhi di Dio”. Ha sempre insistito sull'ambiente sereno in cui tutti i bambini dovrebbero crescere, proteggendoli dalle occasioni di peccato e dalle cattive amicizie.
Incoraggia i genitori nella loro missione di primi educatori e maestri di vita e raccomanda loro di essere di buon esempio.
O glorioso San Girolamo, per quell'amabile zelo che ti condusse allo studio profondo delle sacre scritture conferendoti tanta luce; per quello spirito di sacrificio e di mortificazione, per le pratiche di pietà e per le più edificanti virtù, per renderti sempre più utile alla Chiesa cattolica; e per tutti i Divini favori di cui puoi disporre in cielo; sii protettore benevolo ed ottieni a noi tutti la grazia di meditare continuamente la verità della fede, di non cercare mai sulla terra che essere graditi a Dio, e di infervorarci sempre più negli esercizi della penitenza e delle buone opere, per assicurarci la nostra eterna salvezza.
Così sia.
San Girolamo, come gli altri santi eremiti, è uno dei soggetti preferiti della pittura rinascimentale. È stato oggetto di numerose rappresentazioni, sempre mal vestito e barbuto. Indossa spesso un mantello viola e un cappello cardinalizio. Lo accompagnano vari attributi, legati a diversi episodi della sua storia: il leone, il teschio e il libro. Tra i dipinti più famosi che lo rappresentano possiamo citare: